Borgo Berga, paesaggio interiore


Lettera aperta agli studenti degli Istituti Canova e Martini di Vicenza 
c.c.: - Ai partecipanti Forum Aperto “ Scuola e Territorio”; ai competenti Assessorati del 
Comune di Vicenza e di Montegalda-Colzè; ai dirigenti, docenti e a quanti operano 
per la qualità urbana di vita a Vicenza. 
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Borgo Berga, paesaggio interiore 
a cura di Luciano Carpo 

Cari studenti, 
innanzitutto ringrazio il Dirigente Dott. Domenico Caterino per aver partecipato a maggio scorso all’evento culturale “Borgo Berga chiama Vicenza (1) : Luoghi Comuni ”, e per avermi invitato il giorno 7 settembre all’importante Forum Aperto "scuola-territorio", che i vostri insegnanti hanno l’intenzione di tradurre in un progetto di ricerca, aperto anche alla sinergia con altre scuole di ogni ordine e grado, in particolare di quelle del centro storico e di quelle che sono lungo l’asse della Riviera Berica. 
Sono disponibili a collaborare a questo progetto anche i competenti Assessorati di Vicenza, gli amministratori di alcuni Comuni del Vicentino, tra i quali quello di Montegalda-Colzè; il prof. Patassini dell’Università di Venezia, vari docenti e rappresentanti di organizzazioni della società civile. Si tratta di un progetto di grande interesse per quanti hanno a cuore la nostra Città, i nostri colli, la nostra campagna, i nostri fiumi, il nostro patrimonio monumentale e artistico. 
Mira infatti alla valorizzazione del paesaggio ai fini di ridurne la vulnerabilità, promuovendone la conoscenza e proponendo iniziative che ne esaltino le risorse "agro-urbane", turistiche, didattiche, ecomuseali. 
Il vostro obiettivo è ampio, ma giustamente partite dallo studio di un caso “strategico” riguardante l’area sud-est di Vicenza: quella che va da Borgo Berga, Villa Valmarana ai Nani, l’oasi naturistico-didattica della Valletta del Silenzio, la Rotonda e che, snodandosi lungo la Riviera Berica e il fiume Bacchiglione (quale destino per l’archeologia industriale a Debba e per Villa Rubini a S. Pietro Intrigogna?) lambisce un triangolo d’acqua prezioso: da un lato, il lago di Fimon, da un altro lato, l’oasi di Casale; e dall’altro ancora la conca di navigazione di Colzè a Montegalda e la confluenza del Tesina, nel mezzo della meravigliosa campagna che si stende dai Colli Berici ai Colli Euganei verso Padova-Venezia. 

L’importanza “strategica” di questa area (da sempre “Porta” e “Scalette ” a Monte Berico e alla Città, punto di passaggio obbligato) è confermata non solo da una serie di eventi storici avvenuti nel passato (punto di inizio della bonifica della pianura grazie allo stimolo dei Benedettini, sede di una rete di conventi-centri di cultura-ospedali, porto fluviale da/per l’Adriatico e l’Oriente, passaggio dei Templari, confluenza e incanalamento dei fiumi Bacchiglione-Retrone, zona di conflitto tra Vicenza e Padova per il controllo delle acque ricordato dallo stesso Dante nella Divina Commedia, terra di gravi fatti d’arme nel 1509 durante la “Lega di Cambrai”, varco per l’attacco a Monte Berico da parte delle truppe austroungariche nel ’48, bombardamento nel 1944, site Pluto a Longare, deposito al Tormeno; nascita, sviluppo e crisi di uno dei primi cotonifici d’Italia) ma anche dal grande dinamismo di una ininterrotta catena di Comuni e frazioni che contano con la presenza di fattorie, agriturismi, laboratori artigianali, cooperative, zone industriali, con una serie di servizi, di impianti e di opportunità (piste ciclabili, ecc.). 
Sembra ci sia il progetto di un tunnel automobilistico di traforo del Colle con sbocco all’inizio della Riviera Berica. Certamente, poco più in là, ci sarà l’incrocio tra la nuova A31 e la A4 a Vicenza Est-Torri di Quartesolo, costituendo un’area che nell’immediato futuro sarà soggetta a grandi, imprevedibili, preoccupanti trasformazioni. 
Quest’area strategica dal punto di vista di infrastruttura viaria e di produzione agricola e industriale è impreziosita da monumenti Unesco “patrimonio dell’umanità” e da opere d’arte, famose in tutto il mondo. Inoltre è cosparsa di borghi, di ville, di chiostri, di eremi, di grotte, di covoli, di splendidi casolari agricoli e di mulini, sullo sfondo di due dorsali collinari di boschi, di vigneti e di olivi. 
Sono stato chiamato per parlarvi dell’inizio della vostra ricerca: Borgo Berga. Ma in realtà intendo parlarvi di Bellezza, che altro non è se non il nudo piacere di vivere, di sentirsi vitalmente a proprio agio, di nutrirsi - per esempio - dello spirito di un luogo, di “godere” d’un presentimento d’amore che chiamiamo “paesaggio”, perché vi è riflessa l’intera vicenda umana, storica e artistica di chi ha “vissuto” questa porzione di mondo. 
Di bellezza del paesaggio, vi voglio parlare dato che sto tornando dall’ Accademia di Venezia dove ho contemplato “Il Tiziano mai visto e la grande pittura veneta”, una mostra di pittori nostri conterranei che nei primi decenni del Cinquecento hanno trasformato il rapporto tra figura e natura, elevando il paesaggio da semplice cornice a soggetto di primo piano, cassa di risonanza in grado di riverberare i sentimenti stessi dell’uomo. All’uscita est dell’autostrada, imbocco l’entrata per la Città attraverso la Riviera Berica. 

Cerco nel crepuscolo la sagoma dei nostri colli con le note modulazioni di luci e di ombre, con le ondulazioni cariche di fascinazione e di mistero. Cerco il profilo della Città, punteggiato da campanili e dalla Torre di Piazza dei Signori. Ma “non li vedo più ”. Continuo ad aver voglia di parlarvi di Bellezza. Ritornerò subito - ve lo prometto - sul tema della “Bellezza come diritto-dovere del cittadino e come compito della scuola” ma – scusatemi - devo iniziare da ció che mi impedisce di vedere: l’abnorme volume in metri cubi del complesso di cementificazione immobiliare, commerciale e di servizi vari che, con la scusa del nuovo Tribunale, si è insediato nell’area ex Cotorossi nel quartiere antico di Borgo Berga. 
Voi, che ne pensate? Vi sembra che si inserisca bene nel contesto? Che impressione ne avete? In attesa di conoscere le vostre considerazioni che saranno certamente diverse dalle mie, mi viene alla mente un’immagine che forse può darvi un’idea dell’impatto che io sto provando. 

Le portaerei da guerra statunitensi classe Nimitz sono tra le più moderne e potenti a livello mondiale, nonché le più grandi navi da guerra in servizio presso l'US Navy. Una portaerei di questa classe è una vera e propria città galleggiante, con oltre 5.000 uomini di equipaggio, suddivisi tra equipaggio della nave (circa 3.200), e aviatori ed avieri dello stormo aereo imbarcato (2.480), composto ad organico completo di oltre ottanta velivoli. Il ponte di volo è lungo 330 metri, con una larghezza massima di 78 metri ed un'area di 18.210 m2 (come 2,5 campi da calcio). 
Le corsie di decollo e atterraggio sono angolate di 9° al fine di ottimizzare lo spazio disponibile. In fase di decollo gli aerei vengono lanciati da apposite catapulte, che imprimono una forte spinta iniziale supplementare, mentre in fase di atterraggio vengono frenati da un complesso sistema di cavi di arresto (sistema Catobar). I velivoli non in servizio vengono parcheggiati in hangar al di sotto del ponte di volo e portati in superficie per mezzo di quattro elevatori. 
Ognuna delle Nimitz è dotata di 2 reattori nucleari A4W, che basterebbero per fornire energia ad una città di medie dimensioni, e sono sufficienti a spingerla alla velocità di oltre 30 nodi. 
Ogni portaerei di questa classe trasporta abitualmente armi nucleari tattiche ed altri armamenti, tra cui bombe a gravità di potenza regolabile. Lo stormo imbarcato è composto da velivoli ad ala fissa e rotante, i caccia F/A-18 Super Hornet, i cacciabombardieri F/A F/A-18 Hornet, gli aerei da guerra elettronica EA-6 Prowler, le aviocisterne KA-6D, gli aerei antisom S3 Vikine, gli aerei radar E-2 Hawkeeye e gli aerei da trasporto C-2 Greyhound. Queste portaerei possono imbarcare gli elicotteri d'attacco Boeing CH-46 Sea Knight e trasportare fino a 85 velivoli. Ogni portaerei Nimitz ha perfino un suo codice postale, una propria stazione televisiva interna, un giornale quotidiano e varie comodità che rendono più sopportabili le lunghe missioni che questo tipo di nave da guerra compie abitualmente. 
Una portaerei Nimitz è il più grande tipo di nave militare mai costruito. Pesa circa 100 mila tonnellate. 
Sapete quanto pesa, dalle sue fondamenta, il complesso di cementificazione immobiliare, commerciale, legale e di servizi infrastrutturali vari, che si è incuneato nell’ex Cotorossi a Borgo Berga (usando come cavallo di Troia mediatico e politico la necessità di un “nuovo Tribunale”)? 
Quasi il doppio di una portaerei da guerra Nimitz. 
I tecnici infatti calcolano che il peso totale del cemento profuso per consolidare e mettere in sicurezza il terreno, per seppellire la parte inquinata dai residui industriali dell’ex Cotorossi e per costruirvi l’intero complesso si aggiri sui 180mila tonnellate di cemento. 
Tutta questa quantità di cemento, su una lingua di penisoletta tra due piccoli fiumi, in un quartiere storico dalla viabilità drammaticamente angusta e inadeguata, che ospita un celebre patrimonio monumentale e paesaggistico ai piedi di un colle armonioso, su una delle porte della palladiana Vicenza “patrimonio Unesco dell’Umanità” ! 

Anticamente, a Borgo Berga, davanti all’attuale via Tiepolo che conduce a Villa Valmarana ai Nani, a poche centinaia di metri dall’Arco palladiano delle Scalette, dalla Rotonda e dalla Valletta del Silenzio che ha ispirato Fogazzaro e Piovene, c’era il porto che da Vicenza portava a Venezia e alle vie d’Oriente. 
Il porto c’è ancora. Per i prossimi secoli, vi resteranno attraccate in permanenza due portaerei Nimitz di cemento. 

PRIMA SEQUENZA 
Il quadro nazionale (politico e culturale) che ha favorito l’attracco delle portaerei a Borgo Berga 
Cari studenti, futuri cittadini di Vicenza, mi chiedete come sia possibile venire dalla Riviera Berica o dalla zona Stadio e, nei pressi di Porta Monte, ricevere il Benvenuto della Città del Palladio con un pugno allo stomaco pesante 180mila tonnellate di cemento. 
Nessuna sorpresa. Tenete a mente i seguenti dati: di squallidi abusi del cemento, con conseguenti scempi ai patrimoni culturali e paesaggistici, è costellato il mondo, e la nostra Italia vanta tristi primati al riguardo, vivendo in perenne sdoppiamento: da un lato, il volto che a noi italiani piace immaginare di noi stessi (passato millenario costellato di bellezze, rinascimento, culla d’arte, armonia, genio, made in Italy, classe, Italian style, ecc.). E dall’altro, il suo rovescio: quello che l’Italia sta diventando nella realtà e che istituzioni come Italia Nostra, Legambiente, WWF e il FAI vengono denunciando da decenni. 
Contro il consumo di suolo, contro lo strapotere del mercato immobiliare gonfiato e contro l’insensata speculazione a base di cemento nel Sud d’Italia, nel Lazio, in Toscana, in Sardegna, in Liguria, in Lombardia, ecc. si è sempre scagliato Indro Montanelli il quale ha lasciato scritto che se un paese dà più spazio al cemento che non al rispetto e alla conservazione del territorio e del patrimonio artistico, è un paese capace soltanto di “dare sfogo all’unica vera vocazione di questo nostro popolo di cialtroni che non vedono di là dal proprio naso: l’autodistruzione”. 
Un best seller del 2012 è “Vandali. L’assalto alle bellezze d’Italia” (Rizzoli, 2012) con il quale il vicentino GianAntonio Stella e Sergio Rizzo documentano che lo scempio e il mal gusto in atto su buona parte del territorio nazionale, con la inerte complicità di una casta politica miope, hanno aspetti tragicomici. I vandali a cui si riferiscono sono, come diceva A. Cederna, “quei nostri contemporanei i quali, per turpe avidità di denaro, per ignoranza, volgarità d’animo o semplice bestialità, vanno riducendo in polvere le testimonianze del nostro passato”. 
Stella e Rizzo ci ricordano: “Non abbiamo il petrolio, noi. Non abbiamo il gas, non abbiamo l'oro, non abbiamo i diamanti, non abbiamo le terre rare, non abbiamo le sconfinate distese di campi di grano del Canada o i pascoli della pampa argentina. Abbiamo una sola, grande, persino immeritata ricchezza: la bellezza dei nostri paesaggi, la bellezza dei nostri siti archeologici, la bellezza dei nostri borghi medievali, la bellezza delle nostre residenze patrizie, la bellezza dei nostri musei, la Bellezza delle nostre città d'arte”. 
Le uniche ricchezze che abbiamo, il paesaggio, i siti archeologici, i musei, i borghi medievali, la bellezza, sono sotto attacco. Un incubo culturale, un’angoscia economica. Eravamo i primi al mondo nel turismo: siamo precipitati per competitività al 28° posto. E il portale italia.it, costato milioni di euro, è 184.594° fra i siti web più visitati del pianeta”. 
La denuncia dei due grandi giornalisti del Corriere della Sera riguarda anche il Veneto e l’ex mitico Nordest, dove la meravigliosa campagna dei Palladio, dei due Tiepolo, di Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Cima da Conegliano, Veronese, Bartolomeo Montagna, Giovanni Bellini e Da Ponte è stata “intossicata, sconquassata, rosicchiata, castrata”, come dice il poeta Andrea Zanzotto, da un caos di villette, ipermercati e capannoni, con il benestare di alcuni dirigenti politici rozzi, che nel prosecco e nella polenta con baccalà identificano l’immagine più alta della cultura veneta. 
Lo stesso Zanzotto ebbe a scrivere: “Dopo i campi di sterminio, stiamo assistendo allo sterminio dei campi”, sterminio che ha penalizzato la produzione agricola e sfigurato alcune visuali del paesaggio, dove monumenti architettonici e storici di fama mondiale e autentiche perle d’arte sono diventate presenze più o meno casuali in mezzo a schiere di cubi di cemento, tra grigie scatole da scarpe in calcestruzzo senza finestre denominate capannoni, tra una disseminazione scriteriara di palazzoni anonimi alternati a villette con le colonne doriche e i sette nanetti nel giardino, tra centri commerciali dalle vetrate blu specchianti... la crisi nera diffusa e montante. 
Come l’Italia, anche Vicenza vive sdoppiata, tra l’immagine palladiana sulla quale tira a campare, e un’altra realtà che la relega in un posto mediocre nella graduatoria italiana sulla qualità urbana di vita. 
Nessuna sorpresa allora: quanto è avvenuto nell’ex Cotorossi a Borgo Berga è semplicemente in linea con quanto è successo in tanti altri posti del mondo e d’Italia. Perciò, per capire come sia stato possibile svegliarsi una mattina e ritrovarsi con due portaerei Nimitz sul Bacchiglione davanti a casa, è necessario avere un’idea di che aria tirava “in quel tempo” almeno nel contesto nazionale. 
Per questo motivo, alla vostra domanda rispondo – da cittadino a futuri cittadini- cercando di rincorrere una linea di semplicità e di chiarezza, e dipanando un filo di amara ironia per quanto di tragicomico succedeva “in quel tempo”. 
Ma la farina di questa mia risposta è molto seria ed è tratta integralmente dal sacco etico e scientifico di Paesaggio Costituzione Cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile, il testo di Salvatore Settis (Einaudi, 2010), studioso serio e docente universitario riconosciuto a livello internazionale, uno fra i più affidabili riferimenti di quel vasto schieramento che in Italia fronteggiava aggressioni e insensatezze a danno del nostro patrimonio monumentale e paesaggistico
Se voi, cari studenti, avete la pazienza di seguire con me il prof. Settis, vi renderete conto che “in quel tempo” c’erano molte cose che non funzionavano bene in Italia non solo a livello di una certa casta politica, ma anche nel delicato livello della presa di coscienza e della formazione civica di una buona percentuale di cittadini. 
Per quanto riguarda il primo aspetto, non perdete tempo nell’individuare chi “in quel tempo” ha maggiori responsabilità tra un’ amministrazione vicentina di una certa tendenza politica e la seguente amministrazione di un’altra tendenza politica (anche se non vi sarà arduo evincere questa graduatoria se leggerete i documenti allegati che ripercorrono cronologicamente la storia di quale amministrazione vicentina abbia fatto attraccare le portaerei a Borgo Berga, e quale amministrazione si sia trovata a gestirne le conseguenze sul piano della viabilità e della qualità di vita dei cittadini). 
Vi suggerisco invece di puntare la vostra osservazione sulla mentalità di chi sostiene, condivide o costituisce il partito del cemento”. 
In effetti, importa molto di più che voi delle nuove generazioni, in futuro, possiate sbagliate di meno delle generazioni precedenti, acquisendo una presa di coscienza diversa ed una formazione maggiore rispetto a “quel tempo”, quando una notevole percentuale di italiani era affascinata - complice e vittima- di un “certo modo di concepire la Città e di un certo modo di comportarsi”. 
La madre dei problemi, infatti, era questo “certo modo nazionale di pensare e di agire” 
(che a continuazione cercherò di presentare) che infettava alcuni esponenti delle casta politica dell’epoca, ma che era stato interiorizzato anche dalle persone comuni che, nel loro piccolo, sono corresponsabili delle conseguenze a livello locale. 
Questo “certo modo nazionale di pensare e di agire” veniva abilmente strumentalizzato dai “poteri forti”, altrimenti detti “il partito del cemento”, che sempre operano indisturbati quando i cittadini non esercitano appieno il loro diritto-dovere di vigilare, controllare, criticare, proporre, consentendo di fatto colpi di mano, improvvisazione urbanistica e frammentarietà degli interventi. 
Spero che, come giovani e futuri cittadini, vi indignerete per quel che succedeva “in quel tempo”. Settis cita Seneca: “Sa indignarsi solo chi è capace di speranza” . Solo coloro che sanno indignarsi perché hanno speranza e grinta per costruire un futuro migliore, sono veri cittadini. 

Sta a voi, nuove generazioni, dimostrare che: 
(a) siete diversi rispetto alla banalità intellettuale di alcuni personaggi di “quel tempo”; 
(b) che siete coscienti che quella del territorio e del paesaggio (inteso nella sua integralità) è la battaglia contro il degrado civile; 
(c) che investire nelle risorse materiali e immateriali locali è funzionale anche all’economia e alla qualità urbana di vita. In una parola, sta a voi, nuove generazioni, prendere “le portaerei di Borgo Berga” come uno dei tanti studi di caso possibili, ma per andare oltre. Per creare “un tempo totalmente diverso”, un’aria migliore, a livello nazionale e locale. 

I punti a continuazione presentano il quadro nazionale negativo, all’interno del quale potete trovare le piste per la risposta alle portaerei di 180mila tonnellate di cemento in Borgo Berga. 

1. In quel tempo, molti italiani si vantavano di essere rapaci. In effetti era in corso l’eterna contrapposizione tra due diverse concezioni d’intendere il paesaggio: una che lo percepiva come “bene comune”; e un’altra che tendeva a considerare il territorio come un mero spazio produttivo, di cui massimizzare il valore in termini di profitto privato. Gli slogan dei rappresentanti di questo secondo schieramento erano: 
(1) Fatti furbo e sorridi: in amore e in affari, vale todo
(2) Fatti furbo e sorridi: tutto è monetizzabile, cominciando dalle persone, le donne in particolare. Poi la carriera, il posto di lavoro, le alleanze, le idee e persino i valori sono monetizzabili. 
(3) Fatti furbo e sorridi: vali per quanto riesci a far credere di te. Vali per quanto riesci a comprare virtualmente e a rivendere concretamente, speculandoci il massimo possibile, nel minor tempo possibile, con le buone o con le cattive, costi quello che costi, evadendo a più non posso, oliando con le mazzette del caso e, se viene al caso, con gli artifizi o intrallazzi burocratici-legali sottobanco che, male che vada, tanto…, alla fine, con un buon avvocato, tutto finisce in sanatoria, in condono o in prescrizione. Per la verità, in quel tempo, c’era un folto schieramento di italiani “furbetti” che invidiavano e applaudivano i grandi rapaci. E che, nel loro piccolo locale, si sforzavano di imitarne la rapacità. E pure ci riuscivano. Grandi, i piccoli rapaci! 

2. Non c’era una chiara percezione del valore della risorsa “paesaggio” e dell’irreversibilità del suo consumo. In quel tempo, trasversale a tutto e a tutti, c’era il partito del cemento e, per una irrazionale febbre collettiva, molti italiani erano consumatori di paesaggio. Pensate che avevamo il più basso tasso di crescita demografica d'Europa, e uno dei più bassi del mondo, ma avevamo insieme il più alto tasso di consumo di territorio. Qualche numero? Tra il 1990 e il 2005 la superficie agricola utilizzata (SAU) in Italia si è ridotta di 3 milioni e 663 mila ettari, un'area più vasta della somma di Lazio e Abruzzo: abbiamo così convertito, cementificato o degradato in quindici anni, senza alcuna pianificazione, il 17,06% del nostro suolo agricolo. E l'assalto continua. Basti dire che ogni giorno, da Vipiteno a Capo Passero vengono cementificati 161 ettari di terreno. Pari, per capirci, a 251 campi da calcio. Oltre due milioni di appartamenti invenduti in Italia (a Vicenza, circa 5mila appartamenti chiusi), con una popolazione dai tassi d’invecchiamento che crescono inesorabilmente. E si continua a costruire. Con follia disinvolta, stiamo costruendo in Italia 33 vani per ogni nuovo nato. Costruiamo devastando il paesaggio in nome del progresso e della modernità; ma queste alluvioni di cemento, che forse sono il residuo (rovesciato) di un'arcaica fiducia contadina nella terra come unica fonte di ricchezza, non creano sviluppo, lo bloccano. 

3. In quel tempo, c’era la frammentazione delle competenze tra Stato, Regioni, Province e Comuni. Il dissesto ed il degrado paesaggistico erano (e sono) strettamente allacciati ad una precisa volontà politica, che si esercitava nella costruzione di una deregulation normativa tanto confusamente intricata da renderla praticamente inapplicabile. In altre parole, i politici erano capaci di elaborare le migliori leggi di tutela del paesaggio, in maniera talmente tanto involuta e contraddittoria da consentire sempre e comunque l’impunità per il peggiore abusivismo edilizio. Si facevano leggi, ma si applicavano le deroghe. 
Contrariamente all’art. 9 della Costituzione (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”) che consacrava la tutela del patrimonio culturale e del paesaggio come un principio fondamentale dello Stato ricordando che sviluppo, ricerca, cultura e patrimonio formano un tutto inscindibile, iniziò in quel tempo un processo di devoluzione normativo alle Regioni e Comuni che erose l’originale unitarietà costituzionale della tutela del paesaggio inteso come “bene comune”; questo processo, e la conseguente frammentazione delle competenze distribuite su tanti decisori regionali e locali, ha irrimediabilmente esposto la tutela del paesaggio agli effetti distorsivi delle pressioni elettorali, delle mire speculative e dell’ormai cronica esigenza di fare cassa delle pubbliche amministrazioni. 
Le leggi, anziché proteggerci, erano caratterizzate da contraddizioni fra poteri pubblici e dai conflitti di competenza fra Stato e Regioni. Ciò che non funzionava, in particolare, era proprio il livello regionale. Le Regioni, infatti, non avevano creato i piani territoriali paesaggistici, come previsto dalla legge Galasso e avevano incaricato i Comuni di occuparsi della questione, i quali a loro volta erano costretti a svendere il territorio a causa dei tagli. I Comuni avevano, infatti, pochi introiti, tra questi spiccavano gli oneri di urbanizzazione, cioè le tasse che i cittadini pagano per costruire una casa. Con la legge Bassanini, questi oneri versati dai cittadini non erano più vincolati alla realizzazione di opere di urbanizzazione, cioè strade, luce, gas, fognature, eccetera, ma potevano essere usati dal Comune per qualsiasi altra spesa. In questo modo il permesso per la costruzione di case veniva concesso con grande generosità, anche laddove non si sarebbe dovuto. 

4. Nel Nord si faceva così. In alcune regioni (specialmente al Sud, ma non solo) si era andato radicando un diffuso abusivismo, che offendeva il paesaggio e la storia, ignorando le norme ed eludendo i controlli. In altre regioni (specialmente al Nord, ma non solo), i delitti contro il paesaggio si consumavano non ignorando le regole, ma modificandole o "interpretandole" con mille artifizi, perché fossero al servizio non del pubblico bene, ma del "partito del cemento", invadente e trasversale. 
Il partito del cemento, attraverso la strumentalizzazione di media compiacenti e complici, faceva credere agli italiani che, in tempi di crisi, la tutela del paesaggio non rientrava nei bisogni più urgenti da soddisfare. In realtà, mirava a priorizzare gli interessi forti privati (banche, grandi supermercati, costruttori immobiliari, auto come status symbol) rispetto ai diritti della collettività (qualità urbana di vita), convincendo attraverso i media a mettere la testa sotto la sabbia, a fare finta che tutto andasse bene, che non c’era e non ci sarebbe mai stata la crisi, che i ristoranti di lusso erano sempre pieni, che il vero stile di vita era quello consumistico parossistico, che i nodi degli sprechi, degli enti inutili e dei privilegi delle caste non sarebbero mai venuti al pettine, quelli stessi nodi che promuovevano corruzione, evasione fiscale, raccomandazioni. 
Caos legislativo, improvvisazione urbanistica, crisi etica. In quel tempo, l'intrico normativo e la labirintica segmentazione delle competenze fra Stato, Regioni, Province e Comuni contribuivano in modo determinante alla mancata tutela del paesaggio. Aggravata da scelte scellerate: i Comuni, asfissiati dalla mancanza d'ossigeno finanziario, erano spinti, per fare cassa, a ricorrere in modo ancor più massiccio agli oneri di urbanizzazione, cioè alle nuove costruzioni. Questo aveva ulteriormente accelerato la devastazione del territorio. Con un'impressionante crescita dei conflitti d'interesse (vedi anche l’interrogazione ufficiale nel caso di Borgo Berga). Con l’aumento della collusione tra funzionari pubblici e imprenditori privati, e la possibilità di corruzione attiva e passiva, mirante a favorire l’interesse privato a scapito del bene pubblico, cioè della qualità di vita dei cittadini, che risultavano penalizzati dal degrado generale. 

5. Degrado dell’ambiente, degrado complessivo delle regole del vivere comune 
Il degrado di cui stiamo parlando non riguardava solo l’estetica del paesaggio e dell'ambiente, e nemmeno solo le polveri sottili, gli inquinamenti, i veleni, le sofferenze che ne nascono e ci affliggono. La cieca, suicida, devastazione dello spazio in cui si viveva “in quel tempo” era una forma di declino complessivo delle regole del vivere comune, reso possibile da indifferenza, conflitti tra poteri, leggi contraddittorie - aggirate con disinvoltura -, malcostume diffuso, colpevole apatia e monetizzazione di ogni valore. Il paesaggio è lo specchio di contraddizioni, di rapine e di sprechi. Il declino morale dell’Italia di “quel tempo”, la corruzione dilagante, la disinformazione, l’indifferenza al ruolo della mafia nell’economia e nella politica erano inestricabilmente legate allo sfregio e alla disattenzione del patrimonio ambientale e artistico nel nostro paese. Per questo la battaglia per il paesaggio era (ed è) contro il degrado civile. 


SECONDA SEQUENZA 
L’alibi mediatico e politico che ha consentito l’attracco definitivo delle portaerei a Borgo Berga. Il nuovo Tribunale come cavallo di Troia. 

Cari studenti, futuri cittadini di Vicenza, 
dopo avervi esposto il negativo quadro nazionale che, in tutta Italia, ha permesso il vandalismo e la cementificazione in sfregio al patrimonio architettonico e paesaggistico, vediamo a livello locale come è stato possibile che i vicentini si svegliassero una mattina e, aprendo la finestra, si trovassero sul Bacchiglione due portaerei di 180mila tonnellate di cemento. 
Da decenni a Vicenza si continuava a parlare di “nuovo Tribunale ”. E chi si può opporre ad un’opera di servizio pubblico? Nessuno, anzi. Di fronte alla necessità di un Palazzo di Giustizia per la collettività provinciale, i politici e i burocrati non vanno tanto per il sottile: tutti sono disposti a dare una mano, ad accelerare i percorsi soprattutto in periodi pre-elettorali, a contribuire al superamento delle difficoltà, magari chiudendo un occhio o anche due, se proprio necessario. E pure il cittadino, una volta che il bombardamento dei media lo ha convinto che si tratta di un qualcosa di utile, acconsente, delega, si fida, tace, non si informa, mugugna e si adatta a “portare pazienza” per gli inevitabili disagi. Spera, soprattutto, che poi…la città si faccia bella. 
Trovata politico-mediatica geniale, questa del “nuovo Tribunale”, per distrarre l’opinione pubblica dal vero obiettivo di tutta la complessa operazione in corso a Borgo Berga. 
In realtà, il nuovo Tribunale era (e continua ad essere) solo un “cavallo di Troia”, il grimaldello per entrare, un paravento, una scusa e, addirittura, una secondaria e fastidiosa appendice di un grande complesso di servizi, di centri commerciali, di palazzi per uffici e per abitazioni che, senza l’alibi del Tribunale, avrebbero trovato maggiori difficoltà nel conseguire le autorizzazioni necessarie, permettendo che passi in secondo ordine la funzionalità viaria, il deterioramento della qualità urbana di vita, lo scempio ambientale, gli stessi dettami del buon senso estetico dato che il contesto è caratterizzato dai vincoli di un grande patrimonio culturale, storico, architettonico, artistico, paesaggistico. Basta guardare dalla Riviera Berica o dalla zona Stadio alla cementificazione ad uso commerciale e immobiliare sorta attorno al Tribunale, e si capisce che quella zona commerciale immobiliare è sempre stata il vero obiettivo di tutta la manovra: 
“A parte il Tribunale, Sviluppo Cotorossi (l’associazione di imprese costituita da Maltauro e Codelfa) ha costruito sulla penisoletta 17mila metri quadrati di uffici, 11.500 di negozi e 18.500 di nuove abitazioni. Un complesso in cui sarà spazio per circa 180 appartamenti, un supermercato Despar da 2500 metri quadri, ristoranti, bar a attività commerciali di vario tipo. 
Con un contorno di 15 mila metri quadrati di parcheggi pubblici e da 31 mila metri quadrati di garage “interrati”. 
Interrati per modo dire, perché come punto di riferimento è stato presa la quota di piazzale Fraccon. Peccato che da lì in poi il terreno scenda, e neanche di poco. Così, se sulla carta le autorimesse figurano come sotterranee, nella realtà, come chiunque passi per Borgo Berga può constatare, svettano per un paio di piani al di sopra degli attuali argini del fiume. 
Sopra i garage, di piani ne verranno poi costruiti altri quattro o cinque, per un totale di 6-7 piani effettivamente sopra il piano campagna. 
La cosa si sapeva fin da quando la giunta Hullweck ha approvato il piano urbanistico del nuovo tribunale, e c’è stato chi, come l’ex consigliere dei Ds Ubaldo Alifuoco, a suo tempo l’aveva più volte denunciato. Ma il sapore della beffa per i residenti, che si vedono spuntare davanti alle finestre un gigante di due o tre piani più alto delle loro case, rimane.” (Luca Matteazzi su La Nuova Vicenza, 7 maggio 2012). 
Perché una beffa riesca bene, occorre qualche “astuto” che sappia illudere, che sappia far credere una cosa, mentre invece ne prepara un’altra. A pensarci bene, perché una beffa riesca, occorre anche chi si lascia beffare. Cominciamo dall’astuto. E chi è l’ “astuto” per eccellenza? Ulisse, di omerica memoria. 
E allora, cari studenti, ritorniamo sui banchi di scuola perché anche un cieco come Omero aveva visto, predetta e descritta la manovra cosi: 
“Dopo dieci anni di inutile assedio alla città, i greci fecero consiglio nella tenda grande di Ulisse ubicata per voler degli dei sul Monte Citorio.- Come penetrare nelle mura di Troia? Rispose arguto il re di Itaca:- Lasciate fare a me che profonda ho conoscenza di Troia. Se non possiamo penetrare nelle mura della città, spostiamo la città. Per esempio, la spostiamo dove nessuno c’ha mai pensato, per esempio in un’area industriale dismessa, mettiamo una a caso, nell’ex Cotorossi. La chiameremo “Borgo Berga: La città nella città”. 
- Ma ci sono i vincoli dei Beni Comuni, obiettò qualcuno. Per esempio, bisogna tener conto che qui il figlio di Pallade Atena, un certo Palladio, disegnò armonia eccelsa sul Colle prospiciente i due fiumi per Venezia, e che i Tiepolo ci venivano a copiare le aurore. Per esempio, bisogna tener conto che qui la storia ha lasciato importanti tracce di civiltà, di genio e di sofferta umanità, come quelle vissute all’interno di una delle prime fabbriche d’Europa: il cotonificio Rossi. A complicare la questione, il terreno è da bonificare per le bombe americane e per la lana nei secoli lavata costì!-.
S’alzò possente Ulisse, fiero domatore di veline, e così parlò: - Non con l’acuta spada si vincono le elezioni, si tagliano i vincoli ambientali e architettonici o si fanno lauti bottini, bensì con il sorriso e la promessa di un regalo. Imparate da me a sorridere e a promettere”. 
Impararono in fretta “ i guerrieri forti del cemento locale ” e si unirono in lega. Finsero di rinunciare alla conquista dell’ ex Cotorossi e di tornare alle proprie sedi, ma lasciarono sulla spiaggia di Porta Monte un regalo del Ministero di Giustizia di 23 milioni di euro sotto la forma di un enorme cavallo di cemento, regalo denominato “nuovo Tribunale”, come fosse un segno propiziatorio per placare gli dei e favorire il viaggio di ritorno in patria. All’ interno del cavallo erano però nascosti i più valorosi guerrieri greci, guidati da Ulisse. 
I vicentini, illusi dalle promesse di una rivalutazione sociale dell’area dismessa, trascinarono il cavallo regalato all'interno delle mura di Borgo Berga, nonostante Laocoonte e la profetessa Cassandra, assieme ad alcuni presagi, avessero consigliato di non farlo. 
Di notte, mentre i vicentini si cullavano tra le braccia di Morfeo, “i guerrieri forti del cemento locale” uscirono dal cavallo ed aprirono le porte dell’area ex Cotorossi ai propri compagni. Questi, dopo essersi nascosti per un giorno, erano di nuovo sbarcati con il favore delle tenebre notturne sulla penisoletta tra il Bacchiglione e il Retrone. Penetrati nell’area, diedero immantinente alle ruspe l’ex Cotorossi e - ormai spogliata di prische virtù- la rasero al suolo, tra lo stupore dei vicentini che, in coro greco, esclamarono: Che alto di cavallo, questo mostro di cemento! 
Variati gli eventi e pure il borgomastro, proseguì invece inalterato il coro mediatico: - Noi non abbiamo colpa. Il cavallo di cemento, lo hanno fatto entrare “i predecessori, gli altri”. Ormai, che si può fare? Solo qualche piccolo maquillage esterno. Abbiate pazienza per il traffico e per l’inquinamento, la città… si fa bella! 
L’ingenua illusione, che il cavallo di cemento contribuisse a riqualificare il quartiere, rassicurò per alcuni anni il sonno dei vicentini finché una mattina più non videro all’orizzonte l’alba dalle rosee dita né il Colle degli avi perché – sulle ceneri del Cotorossi e attorno al cavallo- erano attraccate due portaerei da guerra Nimitz da 180mila tonnellate di cemento. 
Di fronte a cotanta cementificazione ci furono commenti di professionisti, di specializzati nella valorizzazione del patrimonio monumentale artistico, di esperti in urbanistica, di commercianti, di giornalisti, di guide turististiche, di educatori, di studenti di Belle Arti, di cittadini comuni. Si omettono i commenti più numerosi e più frequenti per non incorrere nella censura. Si riportano- a gloria imperitura dei vincitori- solo alcune delicatissime definizioni tratte da lettere aperte scritte da vicentini ai direttori dei giornali locali o espresse in dibattiti pubblici: la quantitá assurda di cemento ammontonata e accatastata nell’area ex Cotorossi evoca “un impatto catastrofico che Vicenza non si meritava”, “ un’esagerazione ”, “ci sono modi e modi di fare investimenti e affari: questo è fare cose poco intelligenti”, “ mi ricorda l’Alcatraz. Si sono ispirati all’Alcatraz? Dalla baia di S. Francisco, il famigerato penitenziario fa la stessa impressione. E anche questo con un piccolo specchio d’acqua attorno!”, “ ma chi ha approvato una cosa così?”, “ mi fa star male”, “ un monumento al mal gusto in una cittá UNESCO ”, “ un’offesa al Palladio”, “ un sentimento di sofferenza profonda”, “ una arroganza bella e buona”, “ il sonno della ragione e la sconfitta del buon senso”, “ mi viene l’angoscia ogni volta che la vedo”, “ un mastodontico errore: come sbagliare volumetria e tipo di progetto su una sede inadeguata in un contesto inopportuno con una viabilità insufficiente in modo che tutto risulti poco funzionale e assicurarsi che tutti siano scontenti”, “ mi giro per non vedere”, “ un massacro irreparabile del paesaggio”, “ un’incomprensibile fortezza medievale”, “ lasciate ogni speranza o voi che entrate”, “un Palazzaccio d'Ingiustizia”, “ un Bunker assurdo”, “un’ ingiustificata escrescenza ”, “ uno sgorbio ciclopico”, “ un orrore architettonico”, “un ridicolo Fort Apache”, “ una massa faraonica ottusa”, “ un banale Colosso di Rodi”, “ un bubbone”,“ il castello grigio di Diabolik ed Eva Kant”, “il rifugio del cavaliere oscuro Joker”. La denominazione più corrente fu: Ecomostro dall'atmosfera gotica”. A questa insensata esagerazione di cemento in un sito tanto delicato e senza viabilità adeguata, il prof. Cevese si oppose con tutte le sue forze, al pari di alcune istituzioni come Italia Nostra e altri vicentini. Il direttore del Centro Internazionale Studi di Architettura Andrea Palladio, CISA, Guido Beltramini la definì una maledizione di Dio . Seguendo uno dei codici semantici della nostra gloriosa lingua veneta secondo il quale ciò che è oggetto di disgusto neppure merita un nome, un’anziana signora da sempre residente lungo il fiume, in forma molto più sintetica rispetto ad Omero, amara sospira ancor oggi la propria estraneità: “Quella Cosa lì, cos’è? Cosa c’entra con Vicenza, quella Cosa lì ”. 
Lasciando perdere i commenti degli adulti, voi come giovani, come futuri geometri e artisti, come futuri cittadini, che ne pensate del volume di cemento calato nell’ex area Cotorossi di Borgo Berga, proprio nel punto iniziale del vostro progetto di ricerca “ scuola e territorio? 


Allegato n. 1: Se per approfondire il tema avete bisogno di documentazione giornalistica circa il percorso cronologico che ha accompagnato l’omerico cavallo nell’ “ operazione portaerei a Borgo Berga”, vi mettiamo a disposizione un’antologia ed un escursus storico che sintetizza la storia dell’area ex Cotorossi dal 1875 al 2012. 
Cliccate sul sito del Comitato Borgo Berga: 
http://comitatoborgoberga.blogspot.it/2012/05/luoghi-comuni-ricordi-impatto-proposte.htm 

Allegato n. 2: Nella maggioranza di questi articoli e di questi interventi riportati nell’antologia, colpisce il numero impressionante di interrogativi posti da giornalisti, da consiglieri comunali, da deputati (interrogazione su conflitto di interessi), da avvocati, da urbanisti, da responsabili del patrimonio architettonico e artistico, da operatori del turismo e da cittadini intervenuti a dibattiti pubblici, diretti alle varie Autorità municipali, provinciali, regionali, statali, ai tecnici e anche agli operatori privati. 
Nel sito, ne viene riportato un elenco dei più benevoli. Eccone una sintesi, filtrata attraverso il linguaggio diplomatico che si conviene in questa sede: “E’ stato veramente “sensato” concentrare così tanto cemento e così tante distinte attività e servizi in così ridotto spazio, con dimensioni claustrofobiche degli interni, su una penisoletta tra due fiumi, il tutto tra una ferrovia e un colle, sulla porta stessa della Città, lungo una strettoia molto angusta di strada antica, violando sensibilità e moderazione e con una forte ricaduta sulla qualità di vita della gente?” 
Sarà interessante sapere se durante la vostra ricerca di campo “ scuola e territorio”, sarete riusciti a trovare risposte a qualcuna delle domande elencate nell’allegato n.2, o se invece vi siete imbattuti in ulteriori nuovi interrogativi? 


TERZA SEQUENZA 
Perchè Borgo Berga non diventi un “non luogo” 

Cari studenti, futuri cittadini di Vicenza, dopo avervi esposto il negativo contesto generale che ha favorito l’attracco e l’insediamento di 180mila tonnellate di cemento delle portaerei Nimitz a Borgo Berga (con alcuni tra i molti interrogativi che rimangono pendenti), proseguiamo il viaggio con Settis, passando ora ad una linea positiva e toccando alcuni punti di riflessione costruttiva, con la speranza che li Teniate A Mente, rifiutando “quel certo modo nazionale e locale di pensare e di agire vigente in quel tempo”, sforzandovi invece di tradurre l’attuale indignazione in un futuro “percorso di cittadinanza attiva e responsabile”. 

a. Il carattere etico della tutela del paesaggio inteso come “bene comune” 
Cari studenti, ricordatevi che il paesaggio non si tutela in base a infantili nostalgie e neppure per meri motivi estetici. La salvaguardia del paesaggio è al contempo un tema etico, politico, sociale, culturale e, per chi ci crede, religioso. Il paesaggio diventa simbolo della società che lo esprime. Ci rovina e ci fa peggiori, se rovinato; ci migliora se è preservato e curato. Occorre che voi, futuri cittadini, operiate una rivisitazione delle qualità estetiche del paesaggio, una profonda “de-esteticizzazione”. 
E, nello stesso tempo, è necessario che recuperiate il carattere etico-civico della sua tutela, denunciando il pericoloso leitmotiv “padroni a casa nostra”, catalizzatore di un processo localistico (regionale, provinciale, comunale) di frammentazione di competenze e di “interpretazioni” che portano al degrado civile, per cui il paesaggio finisce col non essere più “bene comune” di tutti gli italiani, come prevede la Costituzione. 

b. Il “paesaggio interiore” espressivo di identità, e la possibilità del “non luogo” 
In quel tempo, il governo del territorio fu conteso e rivendicato da vari organismi della Repubblica fino a determinare l’attuale parcellizzazione dei poteri. I giudizi sul paesaggio, anziché riposare sulla base del ‘Bello’ o sulla valutazione della “dimensione conforme alla struttura del territorio”, soggiaccevano così, in attesa dei Piani paesaggistici, ad un ‘meccanismo’ quasi soltanto giuridico, soffermandosi in particolare sul “progetto”. 
Voi, studenti di Vicenza, cittadini del futuro, dovete invece applicare realmente il documento con il quale già nel Duemila l’Italia si fece promotrice presso la Convenzione Europea, e che riguarda tossireparallelamente il paesaggio ed il costruito in esso insediato. Il testo opportunamente riconfigura ‘il Bello’ all’interno del ‘sentimento del Paesaggio’ proprio delle popolazioni insediate. Questa concezione del ‘Bello’, rivista alla luce della “Identità rappresentativa tra popolazione e paesaggio” riconduce il paesaggio all’interno di una politica orientata tanto al ‘bello’ quanto al ‘progetto’, punto di equilibrio tra conservazione e sviluppo. 
La natura non è un investimento ma un dono. Essa e l’uomo hanno impiegato secoli a configurare struttura ed immagine di un territorio (Ruggero Martines). 
Sta a voi, cittadini del futuro, maturare “la consapevolezza” di un possibile progetto non in se stesso, ma legato effettivamente alla tutela del paesaggio, inteso come bene di tutti. 
Come avete constatato, questa consapevolezza non era matura “in quel tempo”. Per questo, sta ora a voi ricordare che il paesaggio è invece la parte del territorio che comprende l’insieme dei beni costituenti l’identità della comunità locale sotto il profilo storico-culturale e geografico-naturale garantendone la permanenza e il riconoscimento. Che il paesaggio è espressivo di identità, cioè che i suoi caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana e dalle reciproche interrelazioni per cui la tutela del paesaggio mira a salvaguardare i valori che esso esprime, quali manifestazioni identitarie così come sono percepite dalla gente. E’ l’osservatore che riconosce e vive i valori qualitativi, virtualmente emozionali, profondamente educativi del paesaggio (Di converso, un incolto non riconosce alcunché. Ancor meno lo riconosce o lo vive chi fa parte del “partito del cemento”). Se si parla di percezione di valori e di “paesaggio interiore”, capite bene che quando un ecomostro o due portaerei irrompono in un paesaggio, oltre che a deteriorare la viabilità e ad aumentare l’inquinamento, determinano un abbassamento della qualità di vita perchè provocano una frattura identitaria. 
Un ecomostro o due portaerei, infatti, se voi come futuri cittadini non intervenite, possono costituire quello che Marc Augè chiama un non luogo” cioè “spazi in cui centinaia di individui si incrociano senza entrare in relazione, sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane, spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici”. 
C’è la possibilità che nell’area ex Cotorossi di Borgo Berga sia stato immesso un “non luogo”. 
Un “ non luogo ” è autocentrato per eccellenza. Potenzialmente autarchico e fine a se stesso. Non vive nella realtà della crisi dei lavoratori italiani: è immagine stereotipata senza identità e vende immagini e merci stereotipate, con la regia delle grandi banche, delle multinazionali e del “partito del cemento”. Il “ non luogo ” stritola il piccolo commerciante e diventa irraggiungibile per il pedone, per il disabile e per la persona anziana. Il “ non luogo ” è impersonale, spersonalizzato e ostile ai rapporti personali e comunitari. E’ luccichio convenzionale. Il “ non luogo ” attira solo consumatori, costretti dalla crisi generalizzata a pagare con rate pluriennali. Attira anche famiglie comuni, che vi portano a passeggiare la propria povertà, osservando le vetrine. Il “ non luogo ” è smemorato, calpesta il passato. E’ cieco. 
C’è la possibilità che il “ non luogo” veda Borgo Berga solo come un’arteria giugulare di transito, funzionale perchè automobilisti anonimi la percorrano veloci ed entrino nell’abbraccio di cemento a sbrigare incombenze fastidiose (o a comprare di corsa) per scappare veloci prima possibile molto lontano da qui. 
C’è la possibilità che il “ non luogo ” sia indifferente al fatto che a Borgo Berga abitano “cittadini”, come su tutto il Colle circostante e in tutte le aree interne. Che vi giungono ogni giorno bambini e studenti di ogni ordine e grado, sportivi, disabili, pellegrini, turisti, e vicentini di ogni età e di ogni quartiere che vogliono passeggiare lungo la ciclabile “ Casarotto” verso la Rotonda, la Valletta del Silenzio con la sua oasi naturale didattica e il percorso storico risorgimentale, oppure verso Villa Valmarana ai nani, San Bastiàn e Monte Berico. 
C’è la possibilità che un “ non luogo”, con il suo messaggio pesante 180mila tonnellate di cemento, ostruisca lo “scenario Borgo Berga”, che è l’inizio dell’Anello poetico, più bello di Vicenza, con capolavori conosciuti universalmente e con percorsi naturali e storici di rara bellezza. Un Anello poetico, che parte dall’Arco palladiano delle Scalette e scende alla Riviera Berica. Il Gallo, Campedello, S. Croce Bigolina, Tormeno, Fimon, Longara, Debba,…fino a Noventa Vicentina, lungo una strada che è fiancheggiata, da un lato, dall’Acqua a Venezia. Dall’altro, dalla Terra di gente perbene. Dall’Aria dei nostri dolcissimi colli. E dal Fuoco dell’arte. 
Su questo anello e da questo ambiente naturale, il Palladio continua a stupire il mondo con la sua Rotonda, e i Tiepolo a rispecchiare i tramonti. Qui il grande regista Losey ha pensato la dimora del Don Giovanni di Mozart, nella laguna delle prime nebbie. 
Qui, la creazione dell’uomo è stata pensata in un continuum con la bellezza della Natura, come la preistoria di Fimon si allunga in un continuum attraverso le tracce medioevali dei Templari alla Commenda, la serie di monasteri-centri di cultura-ospedali da S. Silvestro a Santa Caterina e allo stesso Borgo Berga, il porto a Santa Caterinella, il 10 giugno a Monte Berico, la penna letteraria del Fogazzaro e del Piovene alla Valletta del Silenzio. Qui la storia recente inanella pagine complesse con il Cotorossi, una delle prime industrie tessili d’Europa; la vacca mora da Noventa, i bombardamenti del ’44, , i dieci martiri ( partigiani, Sinti, ebrei) torturati e fucilati dai nazi-fascisti sulla riva del Bacchiglione, la potente figura del vescovo Rodolfi, il partigiano Torquato Fraccon morto con il figlio Franco a Mathuausen. Poi, ancora la littorina, le biciclette delle operaie al Cotorossi e le vespe degli impiegati, la filodrammatica annuale a Natale, tra tanto tossire di donne: una delle pagine più memorabili del lavoro della nostra provincia. 
C’è la possibilità che un “non luogo”, dall’alto della sua stazza di cemento, non dialoghi con il cittadino comune e lo intimidisca. Durante i giorni della settimana, il “ non luogo” conosce solo il gergo del profitto: il prezzo stampato sulla merce, prendere o lasciare, il ticchettio dello scontrino, avanti un altro. Di notte e alla domenica, nessun rumore, cala il silenzio, ronda di vigilanti armati. 
Al contrario, un Borgo è matrice di precisi significati comunitativi, è cornice in cui le interazioni sociali si riconoscono, è lessico di tutti i giorni, di tutte le stagioni e del ciclo della vita. 
Se si verifica questa possibilità, se un “ non luogo ” si sovrappone a un Borgo, viene ferito un vissuto. 
La “saturazione costruttiva”, cioè l’immissione violenta di cemento induce cambiamenti dolorosi nei costumi, negli stili di vita; influisce nelle salute fisica e psichica degli individui. 
Silvia Minozzi e Roberto Mazza (2011) individuano nello stress da alienazione del paesaggio, da perdita delle origini, dei luoghi, dal non riconoscersi più in un contesto, uno dei punti del disagio sociale. E si soffermano sulla tesi secondo cui la crescita psichica dell’individuo è sempre connessa a suo abitare in un ambiente favorevole allo sviluppo dei processi maturativi innati. Non a caso, il primo nostro ambiente/spazio costruito è la madre: il nascituto “ abita” il corpo materno e la madre è una “ madre-ambiente”. 
Per tutti i vicentini, le colline sovrastanti Borgo Berga (decantate da Goethe per le loro forme, dimensioni, colori, profondità degli spazi e “misurate costruzioni”) sono sempre state “materno ambiente”. Nel paesaggio si gioca, con la riconoscibilità dei monumenti, una parte di noi stessi. Così sul Giornale di Vicenza, Giuseppe Lupi descrive il suo sentire guardando dal finestrino del treno: 
Spesso, tornando in treno da Padova all´imbrunire, mi incantavo a guardare, fin da lontano, la dolce sagoma delle colline. Quella coltre senza luci, apparentemente mansueta, serbava nel tenebroso groviglio un´anima profonda e forse, fantasticavo, quelle colline erano davvero la dimora delle Furie. Mi avvicinavo a Vicenza, alla città di Guido Piovene, di Goffredo Parise e pregustavo il momento in cui avrei visto, per un secondo, tra gli alberelli che costeggiavano lo steccato della ferrovia, come un miraggio di bellezza, villa Capra detta la Rotonda. E un attimo dopo, le casette in processione di Borgo Berga, quelle casette umili, con i colori delle case di Burano, ultimo riflesso del mare oltre le risaie delle Abbadesse. “Borgo Berga, benvenuti a Vicenza”, recita un articolo di “Accenni”, rivista cittadina di design e architettura. L´articolo è dedicato al progetto più significativo degli ultimi anni, in Vicenza, una nuova dimensione del lavorare e dell´abitare per una città che da tempo non respira l´aria dello sviluppo. Così si legge. Una nuova cittadella che si sviluppa e si svilupperà attorno al nuovo Palazzo di Giustizia, con l´immancabile superparcheggio, con l´immancabile centro commerciale e così via. Con questa lettera desidero solamente esprimere la rassegnazione di un cittadino allo sfacelo del territorio, al quotidiano e inarrestabile massacro del paesaggio. Anche nel caso di questa incomparabile cittadella, al disgusto profondo si associa ormai un´indefinibile indifferenza, che diventa un sorriso appena appena amaro leggendo le firme prestigiose che patrocinano il progetto. Io non so quante volte hanno preso il treno per scendere a Vicenza, provenendo da Padova o da Venezia, gli illustri architetti e paesaggisti Gonçalo Souza Byrne e Joao Nunes. So soltanto che, quando lo prenderò io, all´altezza di Lerino chiuderò gli occhi.” 
E chiuderà gli occhi anche chi, da viale Giangiorgio Trissino in zona Stadio, cercherà invano il materno abbraccio delle colline, e li chiuderà dalla Riviera Berica anche chi è stato appena salutato dalle geometrie della Rotonda palladiana e non scorge più la sagoma della città...del Palladio, tappata da una frontale muraglia fuori scala e fuori senso
Cari studenti, il “partito del cemento” ci ha impoveriti non solo concentrando il traffico e l’inquinamento in una zona angusta senza viabilità adeguata, ma anche sottraendoci le visuali che altro non sono che l’irradiazione prospettica e scenografica dei monumenti, i loro contesti spaziali e visivi, e i nostri vissuti. 
Ma voi, in futuro, non chiudete gli occhi! 


C. – Contro l’abuso della cementificazione. Per la qualità urbana di vita. 

C.1.- Assumete un’ottica organica: Se intendete essere protagonisti di un cambiamento generale e dell’indispensabile rigenerazione delle istituzioni nazionali, potete didatticamente prendere spunto dal locale e cominciare da un quartiere, ma conservando sempre un’ottica complessiva organica: nel quadro dell’ecoregione, quale urbanistica e quale viabilità per tutta la Città di Vicenza? Quale pianificazione per tutte le aree circostanti? Come valorizzare tutte le nostre risorse (materiali e immateriali), compreso il patrimonio architettonico, i fiumi, la nostra campagna, la memoria, la storia? Come presentare in forma artistica, accattivante (ed economicamente interessante) le nostre risorse? 

C. 2. - Cambiate il vigente modello insostenibile. Attraverso proposte innovative, bisogna contrastare il vecchio modello degli sprechi, degli abusi, delle improvvisazioni, degli intrallazzi, dei vandalismi, dello scaricabarile, recentemente denunciato nell’ambito nazionale dal prof. Settis, da Zanzotto, da Stella, Rizzo, ma stigmatizzato già da vari decenni da Italia Nostra, Legambiente, WWF e il FAI. La crisi deve spingerci ad essere più realisti: non siamo in espansione, non siamo ricchi, l’economia non si riattiva solo incentivando l’edilizia, soprattutto quando questa è scomposta, fuori luogo, innecessaria. Impedite che altre portaerei attracchino nella nostra cittá palladiana. Lottate contro gli Ecomostri, gli orrori architettonici, le scempi del nostro patrimonio nazionale.. “Dobbiamo prenderne atto: è il momento di ripensare al rapporto tra “cemento” e “sviluppo”. Bisogna farlo per il “bene comune”: il bene del paesaggio, violato senza tregua per assecondare il circolo vizioso cave-cemento-cementificazione; il bene dei lavoratori di tutto il comparto, per i quali è necessario immaginare un’alternativa; il bene delle famiglie italiane, infine, i cui risparmi sono spesso immobilizzati in una “casa”, il cui valore rischia di sporofondare nelle sabbie mobili allorchè sarà scoppiata la “ bolla immobiliare”. Un momento che non è lontano: secondo i dati forniti dal Cresme, nel 2007 le “case degli italiani” valevano 7.029 miliardi di euro, oggi 6.138. Le abitazioni rappresentano ben l’84% della ricchezza reale delle famniglie italòiane, e quindi circal metà di quella complessiva del Paese: una Repubblica, la nostra, fondata sul cemento, che rischia di crollare dalle fondamenta” (L. Martinelli, Legambiente, 2012). Ci sono tre nodi, pericolosamente intrecciati, che strangolano il settore edile: il primo. Si è costruito troppo, e spesso lo si è fatto in variante o in deroga agli strumenti urbanistici normali. Si è costruito a debito (ed è il secondo). Questo comporta che i prezzi finali degli immobili, che incorporano anche l’interesse pagato dall’immobiliarista alle banche che di lui si sono “fidate”, risultino troppo alti (ed è il terzo nodo) per la tasche povere dei giovani italiani e dei nuovi italiani (le famiglie di lavoratori immigrati), complice anche la stretta sui mutui erogata dalle banche. (Ibidem) 

C. 3. – Lo spazio urbano, il suolo e il paesaggio non sono un Bancomat. Quando sarete voi cittadini nel pieno esercizio dei propri diritti-doveri e responsabili diretti del res publica, non fate come certi personaggi “di quel tempo lontano” che utilizzavano il patrimonio come se fosse uno sportello Bancomat: “quando ho bisogno di contanti e di consensi elettorali, autorizzo una nuova lottizzazione” (soprattutto se proposta dal locale “partito del cemento”). 
Quando sarete voi, studenti del Canova, i tecnici incaricati di studiare le alternative della viabilità, cercate di considerate i piani urbanistici come strumenti didattici di crescita civica, facendo conoscere le varie proposte ai cittadini, discutendo con loro, ascoltandoli, coinvolgendoli, incoraggiando la loro partecipazione. Se condivisi per tempo, i Piani possono aiutare a disegnare insieme un “ambiente” con maggiore qualità per sicurezza e coesione sociale. Diffidate del “ partito del cemento” e di chi incoraggia la “ bolla immobiliare”. Impegnatevi a proporre Piani Regolatori e Varianti con il minimo di cemento indispensabile, privilegiando invece il verde, l’ossigeno e la qualitá di vita. 
Quando sarete voi, studenti del Martini artistico, i promotori dell’immagine della Città, continuate pure ad organizzare grandi eventi internazionali come “Raffaello verso Picasso. Storie di sguardi, volti e figure ” all’interno della restaurata Basilica Palladiana. “Non mancate. Vicenza vi accoglierà. Con la Bellezza”. 
Ma cercate contemporaneamente di dare alla provincia di Vicenza “ una vocazione turistica”, il che vuol dire far capire ai vicentini, ai visitatori e ai turisti che Palladio ha pensato la Bellezza degli scenari prospettici come un tutt’uno con la Bellezza delle sue gemme architettoniche. Fate conoscere e gustare anche “l’esterno” , il “fuori Vicenza”: i nostri paesaggi, i nostri colli, le rive dei nostri fiumi, il profilo armoniosamente sinuoso delle nostre vie, le dimensioni e le proporzioni degli edifici dei nostri Borghi. 
Investite in cultura: rende economicamente! 

NOTE CONCLUSIVE 
Di fronte al “fatto compiuto”, operate in modo che il “non luogo” possa capire e interiorizzare i valori del Borgo. Tutelate il “paesaggio interiore” della gente. Difendete la Bellezza, come un diritto-dovere del cittadino e come il compito della scuola. 
Sta a voi ri-tessere antichi e nuovi fili sociali. Pensare al futuro del quartiere “Borgo Berga” e a riqualificarlo, ma senza perdere 1e radici identitarie. Rendete vivibile “tutto l’insieme esistente: vecchio e nuovo”, usando anche la creativitá. Spiegate la storia del Borgo ai nuovi abitanti, operatori, giudici, avvocati, clienti, giornalisti, autorità, docenti, studenti dell’università e di tutte le scuole, pellegrini, automobilisti di passaggio, turisti, visitatori, sportivi sulla ciclabile, famiglie di cittadini che passeggiano. Parlate loro delle vicende antiche e moderne. Della relazione stretta con il fiume a Venezia e della campagna con le “ ville”, dove il “ villeggiare” dei signori era occasione di cultura e buon gusto per tutti. 
Dite loro della Ciminiera del Cotorossi, della vita degli operai, dei sacrifici delle donne. Raccogliete e pubblicate i ricordi di questi nostri nonni. 
Valorizzate la chiesetta di Santa Caterinella al Porto, ogni domenica, per fare comunitá. 
Ricordate loro che Palladio prima architettò il Colle e poi la Rotonda, in base ai punti prospettici da cui ammirare l’armonica fusione tra l’arte dell’uomo e quella della natura. Una natura semplicemente bella, sempre, in tutte le stagioni dell’anno e per tutte le stagioni dell’uomo. Anche la nebbia sembra concorrere ad un effetto decorativo: sfiora senza avvolgere, con pudore. 
Leggete per loro Fogazzaro e Piovene, cittadini illustri del Colle sovrastante Borgo Berga. Il primo ne trasse ispirazione per Piccolo Mondo Moderno; il secondo per Lettere di una novizia. 
Evocate per loro la metamorfosi della principessa Layana nella nostra tradizionale Sagra dei Nani, che celebra il catartico passaggio dalla bruttezza alla Bellezza. Ecco, cercate tutte le occasioni e provate tutti gli strumenti di sensibilizzazione per lenire l’impatto del cemento, per sanare la cesura della strada, per trasformare il “ fatto compiuto” in nuova opportunitá, per ri-creare coesione e Bellezza. 
Interiorizzate un nuovo modello di Città. Ricordate però che “la conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile ed economicamente conveniente”. Se volete, guardate e imparate anche da altre città del mondo, ma per valorizzare la “nostra originalità”, che consiste nel patrimonio storico, monumentale, culturale, letterario, paesaggistico e, soprattutto, umano. 
Ci sono città in molti nord del mondo, dove si cerca di privilegiare l’essere e il sentirsi cittadino, e non i venditori di automobili di grossa cilindrata dirette a tutta velocità - in pieno centro storico- verso gli ipermercati. Con il nuovo complesso sorto nell’ex Cotorossi, aumenterà l’afflusso delle auto, si incrementerá la diffusione delle polveri sottili e l’inquinamento acustico. Esigete sicurezza e salute per il “Borgo”! 
Ci sono città in molti nord del mondo, dove si cerca di perseguire come valori: l’accesso ai servizi essenziali, il poter attraversare una strada con tranquillità anche se si è bambini, disabili o anziani, l’incontrarsi sulle piazze, il camminare, il passeggiare, il respirare aria sana, il fare sport e festa (familiare e comunitaria). Anche il comprare e il vendere sono tipici del cittadino. Certo. Meglio se conversando e facendo del vicinato una rete di conoscenza, di reciproco sostegno e di crescita collettiva. In questi tempi di crisi, è importante rafforzare la coesione sociale e la governance del territorio. A questo devono contribuire anche gli interventi urbanistici e i piani di viabilità. In questa prospettiva, chiedete che nel complesso nuovo costruito sull’ex Cotorossi ci siano spazi multiuso per servizi della cittá e del cittadino. Fate ripristinare l’antica passerella pedonale, in modo che si colleghi il “Borgo Berga” con la recente costruzione. 
Ci sono città in molti nord del mondo altamente industrializzato, dove abbondano i parchi, le piste pedonabili e le biciclette, e dove ci sono efficienti e non inquinanti mezzi di trasporto. Mezzi pubblici, s’intende. Per quanto potete, lasciate le auto nei garage. Vicenza continuerá ad avere una mediocre qualitá urbana di vita se non riduciamo l’inquinamento. A piedi, in bicicletta! Riconquistate i nostri dolcissimi colli che incastonano opere d’arte tra ulivi, campi di mais e filari di vigneti, che sono autentiche biografie dei nostri nonni e bisnonni. Fate collegare la pista ciclabile “Casarotto” alla penisoletta ex Cotorossi, innestandola in tutta la rete ciclabile urbana. 
Ci sono cittá in molti nord del mondo dove si incentiva la gentrification, la rigenerazione urbana, cioé i palazzi cadenti e le area dismesse vengono convertiti in edifici di pregio per la comunitá. Dove si diffonde il verde in altezza, come nel caso del Bosco Verticale con l’ecoriqualificazione di palazzi milanesi che ospitano 700 alberi e 20mila piante sempre verdi. Onde lenire in parte l’impatto sul Borgo, insistete perchè si faccia il Bosco Verde verticale nel complesso nuovo costruito sull’ex Cotorossi! 
Ci sono città in molti nord del mondo dove ci si sforza di non abusare del suolo e del sottosuolo, con scarsa attenzione alle rive dei fiumi e alle falde acquifere. Trasformate gli argini dei nostri fiumi in piste ciclabili e pedonabili fino ai colli Euganei! Remate con le canoe fino a Venezia! Fotografate, dipingete, raccontate gli angoli nascosti, i profumi, i problemi, i languori, il serenante silenzio cromatico nella grazia del paesaggio sfumato! 
Ci sono cittá in molti nord del mondo dove il termine “paesaggio” non è considerato elitario. Al contrario, lo si preferisce a “territorio”, una parola che richiama utilizzo, allacciamenti, sfruttamento, svincoli, rotatorie, semafori, parcheggi e ipermercati a gò gò, capannonifici e bolle immobiliari. Nel linguaggio comune il “territorio” si fruisce, come fosse un’esenzione fiscale. Usate invece il termine “paesaggio”, come indica l’art. 9 della nostra Costituzione. 
Un paesaggio non si fruisce: si gode! 
La Bellezza è godimento, è un premio divino per lo spirito e per l’intelligenza, ammesso che uno abbia il dono, il privilegio e il talento di coglierne il valore. 
Tutelate il dono del paesaggio, che non vi è stato dato in ereditá dai padri, ma che avete in prestito dalle generazioni che verranno dopo di voi. Contro il ghigno inquieto del cemento, conservate il sorriso consapevole della Bellezza, come ci insegnano le delicate trasparenze paesaggistiche del “Tiziano mai visto”, ospitato in questi giorni a Venezia dall’esilio all’ Ermitage. 
Ci sono città in molti nord del mondo dove i paesaggi e i monumenti non vengono ridotti a presenze più o meno casuali in mezzo a schiere di scatole di cemento, ma sono oggetto di cura preventiva e di valorizzazione non solo da parte delle Autorità ma anche degli stessi cittadini. Sta a voi, cari studenti, futuri cittadini, far sí che la provincia di Vicenza nel futuro faccia parte di qualcuno di questi nord del mondo. 
Invitandovi a partecipare il 28-29 e 30 settembre prossimo a “ Borgo Berga chiama Vicenza (2) : I valori di un Borgo” , vi auguriamo Buon lavoro, rinnoviamo disponibilità a a collaborare e restiamo in attesa delle vostre osservazioni e delle vostre proposte. Grazie. 

Luciano Carpo (e-mail: lucianocarpo@yahoo.es) 
Comitato Iniziativa Culturale Borgo Berga, Santa Caterina, Santa Caterinella 

Vicenza, 7 settembre 2012 21 

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